mercoledì 21 maggio 2008

Diamo Fiducia alla Visione

Automazione Industriale novembre 2006
Scenari
Diamo fiducia alla visione

Le difficoltà iniziali che un utente affronta nell’impostare un progetto di visione artificiale e i dubbi che, una volta avviato il progetto, sorgono a minare la certezza di una buona riuscita del sistemadi visione: come scoprire se la strategia software è corretta e se il prototipo sta costando il prezzo giusto?

di Marco Quaglia

È ormai consolidata l’opinione comune che la visione artificiale abbia beneficiato dello sviluppo tecnologico verificatosi almeno negli ultimi cinque anni. Se in un immediato passato le soluzioni provenienti dalla visione erano applicabili solo in determinati settori ed erano viste come tecnologie “delicate” e avveniristiche, poco robuste o comunque di difficile implementazione nell’ambito industriale - si ricordano, ad esempio, un sistema di guida stellare per un telescopio installato in Messico e applicazioni nell’ambito medicale per l’analisi delle cellule al microscopio - nel presente gli utenti tendono a dar loro maggiore fiducia, incoraggiati anche dai risultati ottenuti sul campo in ambienti ostici ritenuti tipicamente inaccessibili.
In questa fase di transizione e accettazione, che ancora si sta evolvendo senza risparmiare sorprese, hanno avuto un ruolo determinante diverse concause: indubbiamente la presenza sul mercato di supporti elettronici e strumenti di programmazione decisamente più potenti, veloci e affidabili, ma anche una cultura e una conoscenza del settore più ferrata da parte dell’utenza che, essendo in grado di capire i mezzi e le potenzialità messe a disposizione dalla visione, è
capace di valutarne meglio i prodotti e intuirne le finalità e le possibili implementazioni. Maggiore cultura e capacità di comprensione da parte degli addetti ai lavori, spiegabile in un cambio generazionale e culturale e in una mirata capacità di fare informazione da parte dei fornitori, ha diffuso un generico senso di fiducia nei confronti di questo settore che prima mancava. Spesso la visione si proponeva come alternativa valida a soluzioni ormai consolidate (sensori e plc), ma l’incapacità di comprenderne i retroscena e i vari aspetti al contorno spaventava l’utente finale che, con la visione, si ritrovava a dover diventare in un tempo limitato un esperto di telecamere e framegrabber, ma anche di illuminazione, meccanica, ottica, algoritmi “strani” per l’elaborazione immagine e di tutto quello che tipicamente serve per realizzare un sistema completo di visione, mettendo in discussione ciò che funzionava in modo ormai consolidato da anni...
In effetti, questa situazione avrebbe spaventato chiunque. In realtà, quello che è poi accaduto e ancora accade è il ripetersi di storie passate “già viste”: il mercato impone tempistiche e prezzi sempre più competitivi e, con un “colpo al cerchio e uno alla botte”, si va avanti, i fornitori rilasciano tool software ormai di facile impiego per hardware estremamente evoluti, come piattaforme RealTime e Fpga, impossibili da usare però a basso livello. Un utente “normale”, con uno sforzo veramente minimo, riesce a cambiare metodologia di lavoro, a reingegnerizzare i sistemi basandosi su tecnologie innovative e pian piano acquista fiducia in ambienti e tecnologie che al solo titolo lo spaventavano; soprattutto, scopre che in questo passo verso il cambiamento non è solo ma appoggiato da nuove figure esperte nate insieme con le nuove tecnologie: sempre più spesso, infatti, i fornitori si circondano di system engineering o integratori specializzati nel settore della visione, proprio per offrire un supporto valido di partenza e manutenzione al lavoro del cliente.
Se analizziamo la situazione dal punto di vista dell’utenza nascono delle domande relative alle difficoltà iniziali nell’affrontare la problematica la cui soluzione risiede nella visione: come si compone un sistema minimo di visione? Quali componenti servono per affrontare la specifica problematica? Quanto tempo e denaro è lecito dedicare per la soluzione? Quali funzioni o software in generale si possono usare per sviscerare il problema e ricavare l’informazione che si vuole dall’immagine catturata? Una volta avviato il progetto, sorgono altri dubbi che minano la fiducia nella buona riuscita di un sistema di visione: si sta seguendo la strategia software corretta? Si è realizzato il sistema in modo corretto? Il prototipo sta costando il prezzo giusto? Per eludere questi e altri miliardi di quesiti, il metodo più adeguato non è certo quello di studiare intere enciclopedie o saggi del settore “Visione”, poiché il rischio è di impiegare tempo nel risolvere i problemi legati alla visione e non quelli legati alla specifica esigenza, che è poi lo scopo finale del sistema; al limite, ci si può aiutare con il potente mezzo di internet per trovare esempi di applicazioni simili e da quelle prendere spunto; ma il metodo decisamente più efficace è quello di appoggiarsi a mezzi hardware di facile accesso e toolkit software di immediata comprensione e intercambiabilità.
Fastidioso è scoprire, dopo settimane di approfondimenti sull’hardware e righe di codice scritte, di aver sbagliato completamente strategia, perchè si sono mal interpretate le specifiche dei supporti hardware e software di cui si sta facendo uso! In questo caso, purtroppo, la soluzione è ricominciare da capo o riadattare ciò che si è già fatto con un conseguente quanto inevitabile lievitare dei tempi e costi progettuali. Certo, ci si può sempre avvalere di consulenze esterne e specifiche, ma questo alla lunga non ripaga a livello di manutenzione; oppure, ci si può basare su hardware custom o applicazioni chiuse, ma quando poi si tratta di aggiornarle o migrare su sistemi diversi da quelli nativi, allora “sono dolori” sia tecnici sia economici.
In questo contesto, l’architettura ideale è rappresentata da un sistema hardware e software di cui l’utente possa averne in mano la conoscenza e quindi sia in grado di usarlo facilmente, con limitati sforzi iniziali, inoltre che sia trasferibile sulle piattaforme più standard come Windows, Real-Time o Fpga, senza però cambiare gli strumenti di programmazione e, infine, che la prototipizzazione sia immediata e semplice in modo da “fare e disfare”, semplicemente con pochi colpi di mouse, e ancora, dove la manutenzione e l’aggiornamento non siano “un bagno di sangue”.
Una realtà che si avvicina a quella ideale descritta si ritrova nelle soluzioni National Instruments, dove un sistema di visione, inteso come supporto hardware e software, si compone di una piattaforma che l’utente può concretizzare in un pc basato su Windows, oppure sistemi stand-alone basati su sistema operativo Real-Time oppure Fpga, da scegliere in base ovviamente alle prestazioni e all’ affidabilità, oltre che al determinismo, ricercati, e toolkit di programmazione che mettono l’utente in grado di programmare l’intero sistema nel modo più aperto possibile, introducendo funzionalità che vanno oltre la sola analisi dell’immagine, oppure facilitano la fase preliminare di studio e prototipizzazione con l’ausilio di ambienti di configurazione dove, con semplici e immediate “prove” sulle funzioni applicate alle immagini, l’utente può capire, dai riscontri immediati, come procedere e se la strada che sta seguendo sta dando i risultati aspettati. Tutti i supporti hardware (Framegrabber, FireWire nel pc oppure Compact Vision System come sistema Real-Time) hanno il medesimo comun denominatore software: questo significa che il singolo pacchetto software identificato e utilizzato dall’utente (LabVIEW, o Vision Builder AI) può gestire e programmare sistemi Windows, quindi Pc-based, Real-Time o Fpga indistintamente, estendendo la scelta del software a una scelta aziendale e general purpose. LabVIEW, con l’aggiunta di una libreria specifica per il trattamento delle immagini (Vision Module), consente all’utente di affrontare qualsiasi problematica nell’ambito della visione artificiale. All’interno della libreria, oltre ad esempi di applicazioni risolte, sono anche messe a disposizione funzioni specifiche per la lettura e l’interpretazione di codici a barre, oppure la lettura dei display Lcd o a sette segmenti, interpretazione Ocr oltre che funzionalità di riconoscimento di forme e morfologie. Con LabVIEW rimane vivo il concetto di integrazione tra varie discipline, nel senso che all’interno dell’ambiente si possono, adottando specifiche librerie, affrontare problematiche di visione, ma anche di movimentazione assi, piuttosto che di acquisizione dati, ad esempio, da sensori di temperatura, forza o altro ancora. Più orientato alla prototipizzazione e al test immediato è Vision Builder AI, nel quale non avviene programmazione ma configurazione delle funzioni di visione per verificarne immediatamente l’efficacia o meno.
Rimane costante il concetto di portabilità dei software su piattaforme di varia natura: Windows Pc-based oppure Real- Time e Fpga con il dispositivo Cvs (Compact Vision System), fornito in tre versioni differenti per potenza di calcolo e memoria, le cui specifiche sono fornite in forma completa su sito www.ni.com/vision.

Occhi puntati sul partner giusto
Per accontentare chi vuole sviluppare sistemi e realizzare applicazioni, magari in un tempo limitato, senza le risorse interne specializzate, oppure desidera consulenze specifiche nel campo della visione, National Instruments da anni si appoggia ad aziende partner dotate di esperienza nell’integrazione di sistemi e nello sviluppo di applicazioni basate su tecnologie National Instruments in settori industriali specifici. Chi sono questi partner, quali progetti particolari stanno seguendo e come si sono accostati all’Alliance Member Program, il percorso di certificazione National Instruments, ve lo raccontiamo dopo aver incontrato due di loro, particolarmente attivi sul segmento della visione artificiale, ImagingLab e Sidea.
ImagingLab è partner di National Instruments dalla sua nascita, che risale all’inizio del 2004. Va però ricordato
che esiste un rapporto storico tra National Instruments e ImagingLab. Ignazio Piacentini, che oggi dirige ImagingLab, ha preso parte alle trattative tra Graftek France e National Instruments Corporate, che portarono nell’agosto del 1996 alla cessione delle librerie software ConceptVi. È da questa cessione che ha inizio la linea di prodotti National Instruments per la visione. Ignazio Piacentini è stato Business Development Manager Europe come dipendente di National Instruments per i prodotti di visione dal 1999 al 2003, in diretto contatto con National Instruments Corporate.
È proprio in questi anni che si crea a Milano una struttura interna a National Instruments con il nome Ima- gingLab ed è in accordo con National Instruments che ImagingLab ha mantenuto questo nome. “ImagingLab è essenzialmente una società di engineering”, dice Ignazio Piacentini. “Il rapporto di partnership con National Instruments ci espone alla loro rete di vendita e marketing, con evidenti benefici per entrambe le strutture. Sul piano più strettamente tecnico è invece utile mantenere uno stretto contatto per meglio seguire le richieste e i trend di un mercato in rapida evoluzione”. Qual è la strada migliore per affrontare queste richieste in un mercato così dinamico? “ImagingLab”, continua Piacentini, “è, almeno fino ad oggi, l’unico Alliance Member di National Instruments che si occupa solo di visione e robotica in ambito industriale, a differenza di altri partner che, pur qualificati, hanno obiettivi estesi all’intero settore dell’automazione. Questa focalizzazione dell’attività e dei relativi investimenti permette a Imaginglab di soddisfare meglio e più rapidamente le esigenze dei clienti. I bisogni dei clienti iniziano spesso con domande tipo ‘si può fare?’ e ‘quanto costa?’. Spesso il terzo quesito è ‘cosa devo apprendere per utilizzare un sistema di visione?’. Le risposte a questi quesiti nascono nel nostro laboratorio, spesso con studi di fattibilità, per poi concretizzarsi in macchine e sistemi. Nella fase realizzativa ImagingLab collabora con il cliente se questo ha capacità produttive in house o si avvale di ulteriori partnership con società di integrazione se è richiesto un sistema chiavi in mano. I tool, specialmente software, di National Instruments, hanno un ruolo fondamentale sulla nostra velocità di risposta verso i clienti e sul contenimento dei costi complessivi: un beneficio che i nostri clienti apprezzano”. Tutti i progetti realizzati da ImagingLab hanno fatto uso di componenti hardware e librerie software di National Instruments. ImagingLab ha portato a termine circa 25 progetti/studi di fattibilità in circa due anni e mezzo di attività. Piacentini cita come particolarmente significativi: un sistema integrato di visione e robotica per l’ispezione on line di pneumatici (per Pirelli Pneumatici, con un accordo di Nda), un sistema integrato di visione e robotica per il test automatico di moduli di memoria Dimm prodotte presso EEMS di Rieti, dove la robotica e la visione sono state progettate da ImagingLab, mentre la macchina è stata realizzata in collaborazione con la società Geas. Luigi Tremolada, System Engineer di Sidea, con quindici anni di esperienza nello sviluppo di sistemi in ambito LabVIEW e da due anni certificato LabVIEW Architect, la massima certificazione in questo settore, racconta invece che Sidea è partner di National Instruments dal 1990, proprio dai primi mesi di presenza della filiale italiana di National Instruments. Fu una scelta di collaborazione derivata da una reciproca stima esistente fra gli allora dirigenti delle due aziende e dalla volontà di Sidea di poter far riferimento a una piattaforma hardware e software che già allora si prospettava come l’elemento maggiormente innovativo nel panorama dell’acquisizione dati e della misura.
La struttura essenzialmente tecnica di Sidea garantì allo stesso modo a National Instruments Italia un riferimento qualificato da affiancare agli utenti per l’integrazione dei loro prodotti in soluzioni di maggiore complessità e funzionalità, con particolare riferimento al settore embedded-real time, con forti competenza nel settore dei componenti basati su Fpga e della visione.
Per comprendere il costante interesse verso il mondo della visione, che è sempre stato un must per Sidea, bisogna risalire alle origini di questa società, legate a una presenza forte nel mondo universitario e della ricerca scientifica, dove le problematiche di visione trovarono terreno di studio e applicazione già all’inizio degli anni novanta. “La possibilità di integrare la visione all’interno della proposta Sidea di sistemi di collaudo e misura, ma soprattutto la possibilità di estendere l’ambiente LabVIEW alla gestione delle immagini”, dice Luigi Tremolada, “ci fece conoscere le librerie di programmazione ConceptVi, che sono state la base su cui si è sviluppata l’architettura del software di visione National Instruments. La conoscenza approfondita di queste librerie, in anticipo di circa due anni rispetto all’entrata diretta di National Instruments nel mondo della visione, ci ha fornito un’ottima opportunità per caratterizzarci nel mercato”.
Un mercato, quello della visione, che secondo Tremolada, in Italia, “gode di ampie prospettive di crescita e dove è necessario svolgere un’opera approfondita e seria di formazione per far comprendere come la visione possa essere la soluzione a molti problemi qualora sia affrontata e sviluppata nella massima serietà”. L’intervento di Sidea, in questo senso, si caratterizza nel voler essere punto di riferimento per l’interlocutore, in tutti gli aspetti che egli deve affrontare per valutare se e come un sistema di visione possa risolvere le sue problematiche.
Sono due le soluzioni che Tremolada cita a titolo di esempio per mostrare tutte le potenzialità della sinergia tra la piattaforma National Instruments e le attività Sidea. “Il primo caso è riferito a un sistema finalizzato al mondo del collaudo di fine linea, dove è possibile eseguire misure di accettazione utilizzando per ogni sistema tre telecamere che sono in grado di eseguire circa 200 test al secondo. La base di sviluppo è stata il sistema Cvs di National Instruments, un embedded in grado di essere configurato, e non programmato, dall’utente finale mediante semplici file di testo e di poter essere reso operativo in tempi rapidi. Il secondo è costituito da un sistema di acquisizione immagini ad alta velocità (sino a più di 30.000 frame per secondo) finalizzato a risolvere problemi di analisi del comportamento di organi in movimento (progettazione di macchine meccaniche speciali), di fiamme, di elementi in rottura e così via, dove la base dei tempi di analisi è inferiore al millisecondo. Il sistema opera grazie alla più evoluta scheda di framegrabber oggi disponibile su bus Pci-Express, la Pcie-142 9 di National Instruments”.

Marco Quaglia,
Vision and Motion System Engineer
di National Instruments Italia

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